Etichetta: Tannen Records Website → http://www.tannenrecords.com
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Quando Riccardo Orlandi di Tannen Records mi propose di fornire testi e un nome per questo prolifico progetto, il carattere mi fu chiaro al primo ascolto. Musica e suono esprimono sempre un immaginario di riferimento. L’identità, i sintomi patogeni, erano già dentro quelle produzioni, così eleganti ma rigate da sottili venature di mistero.
Divertenti e quasi spensierate in alcuni passaggi, eppure innervate d’inquietudini profonde; quei groove in loop da modernariato scintillante sono inspiegabilmente sintonizzati sulle ombre del presente. Come il rapporto che intercorre tra fantascienza e cyberpunk. Ho condensato queste suggestioni in una formula: Apocalypse Lounge.
L’apocalisse odierna è tranquilla come il salto di un fosso di scolo in abito griffato, la nostra conclamata decadenza è calma e danzereccia. Una passeggiata in paranoia, un ordinario urbano dopobomba, scintillante di pattume; un aperitivo definitivo, pausa caffè con due cucchiai di solitudine ciascuno. In preda alla più cupa spensieratezza, abbacinati da una mirror-ball che scoppia.
Ho immaginato (di pura fantasia) individui post-viventi ma nei panni di se stessi, brandizzati e auto-quotati in una borsa di faccine su milioni di microschermi, in preda all’isteria del consenso verso i propri simulacri social, in scimmia da time-line e da che-mi-son-perso, magari il sempre nuovo e il sempre fresco, anche quando schifosamente vecchio.
Speriamo tornino presto statisti con la visione nitida e felice di una provvida rovina collettiva. Certo a quel punto potrebbe insinuarsi qualche dubbio, ma vuoi mettere? Una bella rasatina al suolo, su scala planetaria. Ci vorrebbe una festa come quella. Chi non anela – verso sera – ad un bel colpo di scena sul piano della storia.
La domanda è una sola: e poi? Scorri, scorri ancora, scorri e scrolla, scrolla giù… Manca una fine. La ciccia quando arriva? Eccola. Climax. Come quando vuoi che il DJ finalmente drop-the-bass. E lì ti senti bene.
Un gran finale divertente, o almeno nuove terre promesse, fossero anche quelle per gli schiavi, purché sicure e igienizzate, nuovi orizzonti letali e bombe funky. Perché non mi ci porti? Dal funky mood al funky doom: …alla fin fine sono solo quattro lettere in reverse. Si. Può. Fare.
Serve una scusa? Ma no, una festa si fa e basta.
Let’s party. Dress code: fashion.
APOCALYPSE LOUNGE Release date: 10.01.20
Format: LP/Digital
Distribuzione: Audioglobe/The Orchard
Ascolta l’album in tutti i digital stores: https://tannen-records.lnk.to/apocaly…
Acquista il vinile: https://bit.ly/35QGz2s
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Prodotto da A/L e Maurizio Baggio
Musica di A/L e testi di Giovanni Succi
“Apocalypse Lounge” di Giovanni Succi e Francesca Amati
“I’m Going Under” di Alexei Moon Casselle
Mixato da Maurizio Baggio
Masterizzato da Gianni Peri
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Foto di Giulia Mazza
Lettering di Luca Barcellona
Artwork di Cronogramma https://www.cronogramma.net
Nato nella mente del fondatore di Tannen Records, Riccardo Orlandi, sulla base di un lavoro di campionamento di colonne sonore italiane degli anni ’60 e ’70, il progetto Apocalypse Lounge è il risultato finale della collaborazione a più livelli di un collettivo di artisti, che si presenta a noi senza un vero volto. Il nome è stato ideato da Giovanni Succi, qui presente come paroliere e cantante della maggior parte dei brani, che, affascinato dall’animo noir del progetto, ha colto perfettamente l’immaginario del suono inizialmente creato da Orlandi. Troviamo poi figure di spicco della musica indipendente e di ricerca italiana dei nostri giorni, come Nicola Manzan (Bologna Violenta, Ronin) al violino, Massimo Martellotta (Calibro 35) al sintetizzatore, Dj Argento allo scratch, Francesca Amati (Comaneci) alla voce, nonché la presenza nell’ultimo brano del disco del duo hip hop di Minneapolis Kill The Vultures. (C) 2019 Tannen Records.
PRESENTAZIONE DEI SINGOLI
“FUNKY DOOM”
Affacciarsi sul baratro dell’apocalisse con animo danzereccio, rilassati e ben disposti (giusto una vena d’inquietudine), magari con una strizzatina d’occhio. E poi relax, fine del mondo. Tema spinosetto, lo riconosco, soprattutto per un pezzo funky. Eppure eccolo: dal ‘funky mood’ al ‘funky doom’: …alla fin fine sono solo quattro lettere in reverse.
FUNKY DOOM (testo G. Succi)
Won’t you take me to funky doom
Won’t you take me to
Won’t you take me to funky doom
Won’t you take me to
Funky Funky…
D.O.O.M.
Funky Funky
M.O.O.D.
Funky Funky
Won’t you take me to funky doom
Won’t you take me to
Won’t you take me to funky doom
Won’t you take me to
Funky doom
“TWO GUYS”
Noir in pillole. Spy-story o piccola paranoia di provincia. Dove ci si conosce tutti, almeno di vista, dove prima o poi ci si incrocia, ci si orecchiano discorsi di passaggio, di sfuggita al bar. Più o meno tutti sai chi sono, hai dato loro un nome o un ruolo. Com’è possibile aver condiviso l’esistenza intera con due individui del tutto sfuggiti a qualsiasi schema, in un buco di città, senza mai intercettarne almeno un indizio, un sintomo di vita?
Alieni forse? Sotto copertura? Cyborg? Replicanti? Droni umani?
Ci stanno spiando, prendono nota di tutto con quegli occhi fissi. Sanno chi siamo, ci schedano. Dove corrono, senza correre per non dare troppo nell’occhio, perché fanno come se niente fosse. Domande senza risposte. Non ho idea di chi siano quei tizi, così simili che puoi confonderli.
Forse siamo solo io e il mio doppio. O forse i primi due cavalieri dell’apocalisse arrivarono a piedi, passeggiando in centro.
TWO GUYS (testo G. Succi)
Chi son quei due là…
Che vedo da una vita accompagnarsi insieme, un’andatura dura e senza pieghe, inamidata,
il passo a coste strette di velluto di una giacca lisa, stempiatura uguale, faccia inespressiva …o tesa?
Solo passare, assenti chissà…
Solo passare, assenti chissà…
Chi son quei due là…
Two guys.
Sempre loro, stesso passo, sempre uguale…
Solo passare, per la stessa via, della stessa piccola città.
Chi son quei due là…
Two guys.
In tutti questi anni, li ho visti bambini, ragazzi, vecchi, accompagnarsi lo stesso passo,
negli stessi abiti, allo stesso modo, per la stessa strada porticata dove avranno un loro covo…
Svoltare angoli all’unisono, guardarsi mai, parlarsi mai, fermarsi mai.
Chi son quei due là…
Two guys.
Intercambiabili, chissà…
Chi son quei due là…
Chi son quei due là…
Chi son quei due là…
Chi son quei due là…
Two guys.
Guardarsi mai…
Parlarsi mai…
Fermarsi mai…
Two guys.
“HAPPY 1942”
Mettendomi nei panni degli italiani vissuti, cresciuti o nati sotto il regime fascista, riesco anche umanamente a comprenderne i motivi dell’assenso, superficiali o profondi, i pro e i contro, condizionamenti, opportunismi. Certo siamo belli strani: furbi e creduloni. Provando poi a immaginare come si saranno sentiti quando tutte quelle guerre proclamate vinte dai balconi si rivelavano tragiche disfatte all’italiana (per azzardo, incoscienza, dilettantismo, cialtroneria..). Un irreversibile disastro. Fu la fine di un mondo in cui molti credettero. L’Apocalisse l’hanno vista. E dire che sognavano un bel film.
Poi un giorno ti svegli, un secolo dopo, tra brava gente, furba e credulona, convinta che le pseudo-soluzioni di cento anni prima sarebbero perfette per mettere una pezza sulle questioni del presente. Dittature ed eventuali conseguenze, ad oggi molto ben accette. Sarà un bel film.
Episodi precedenti. Nel 1914 la gioventù di tutta Europa invocava per noia almeno una guerricciola (sfuggita un po’ di mano: 14 milioni di ragazzi morti male), poi finita quella coi reduci che ci fai? Puoi seminarne un’altra, più ganza. Italia: per qualche annetto scaramucce. Poi un bel 1922 di gaudio e di consenso per un prospero 1942. Dopo un ventennio di belle coreografie, si fanno i conti con le macerie della fine. La festa è in città, si può crepare comodamente a casa, anche senza andare fino in Russia vestiti leggeri. Nel 1942 ci si godono a pieno i frutti maturi dei grandi statisti con la visione nitida e felice di una provvida rovina collettiva. Perché amavano il popolo.
1922 -1942. Vent’anni di cartapesta per un’Apocalisse vera, e non sai a quanti oggi piacerebbe. Ma più ganza. Per la sicurezza, per non morire di noia. Tanti auguri.
HAPPY 1942 (testo G. Succi)
Festicciola spensierata. Bella serata. Non avrei mai immaginato di arrivare a questo. C’è stato anche di peggio, certo, quando noi non eravamo al mondo. Ma tempo al tempo. Che da che mondo è mondo il peggio trova sempre un suo percorso. (E passa sotto). In eterno. Refrattari al cambiamento. Detestiamo i nostri vizi ma cambiarli oggi non mi sento. Credulità e sospetto: che paradosso di cultura. Preferire ogni vecchio male ad ogni nuova cura. Meglio ogni vecchio male ad ogni nuova cura. Qui solo quel che è vecchio e marcio dura. Solo quel che è marcio dura. Prendi me ad esempio. Non immaginavamo di arrivare a questo. E invece ecco.
Buon 1922 – Buon 1942
Quelli che non fecero niente per impedire la dittatura di un istrionico bonaccione micidiale dal balcone, carismatico certo, un grande attore. Non lo fecero per noia, per paura, per repulsione; più per convenienza, per simpatia… Finalmente uno diverso, avranno detto, che sta dalla mia. Sì, sta dalla mia.
Buon 1922 – Buon 1942
Ma sì. Quante volte ho giudicato inetti e codardi tutti quei sig. Rossi impegnati a tirare avanti la bottega che non muovono un dito, su quei libri di storia, in quel fatidico 1922. Guardali lì: …lasciano fare, …chiudono gli occhi, tirano a campare. Un Matteotti assassinato, confessato ed impunito, ma sì. Uno più uno meno. A noi. E però piangono poi, quando le prime bombe vere delle guerre vere piovono sulla loro teste vere sulle loro case e botteghe, si son fatte tristi le faccette nere. Fine di un mito. Ma va là che un mito qui non è mai finito. Ma sì… Come siamo arrivati fin qui? Ops. Come quando per come per chi?
Buon 1922 Buon 1942
Stupidi italiani di quegli anni, non vi piacciono i frutti delle brillanti politiche dell’uomo della pace che perderà la vostra vite ai dadi come un qualsiasi altro perdente incapace, ma in grande stile e con molto più cine? Sì con molto più cine-cine-cinema! – Ma quando c’era lui l’Italia era grande, sui cinegiornali di regime. Un po’ meno grande sulle prime linee. Ha fatto ponti, strade, palazzi, bonifiche e consorzi. E vi ha mandati un attimo a crepare pure da pezzenti sui più lontani fronti, giusto un mezzo milioncino d’italiani morti per un suo giochetto da fantocci. E le paludi pontine. Son costate un po’ care alla fine.